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psicologia sportiva

redazione

il giocatore e l’apprendimento

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ABITUARE A PENSARE

Apprendimento significa acquisire nuove abilità, perfezionare quelle esistenti ed eliminare i comportamenti disfunzionali: non vi è apprendimento senza l’utilizzo dei processi cognitivi, e quindi l’allenatore è chiamato ad allenare anche la testa del proprio giocatore, sia dal punto di vista cognitivo che emotivo.

Troppo spesso, nei campi di gioco o negli spogliatoi sentiamo frasi pronunciate dagli allenatori del tipo: “è troppo giovane”, “deve ancora crescere”, “se non si impegna, io non posso farci nulla”, “non lo capisco, in allenamento fa tutto bene ma poi in partita sbaglia”.

L’allenatore deve abituare l’atleta a pensare, scegliere e “sentire” le soluzioni più idonee in funzione del momento di gioco, riponendo fiducia nei processi di apprendimento e creando le condizioni strutturali ed emotive affinché i giocatori possano esprimersi al meglio.

Infatti i problemi legati all’apprendimento di nuove abilità, al perfezionamento delle caratteristiche esistenti e all’eliminazione dei comportamenti non funzionali al gioco, dipendono in larga misura dalle capacità del piccolo atleta di assimilare i suggerimenti o le indicazioni.

CONTESTO

L’ambiente di apprendimento può essere definito come un ambiente dinamico e aperto che permette ai soggetti di vivere un’esperienza di apprendimento.

Inoltre, l’ambiente di apprendimento dovrebbe essere flessibile in modo da essere adattato alle diverse situazioni reali che possono dipendere, ad esempio, da sistemi personali.

In molte occasioni, il contesto dell’allenamento non fa sì che gli atleti apprendano nuove abilità o nuove soluzioni, ma che ripetano, più e più volte, i comportamenti che già conoscono.

Per trasformare la ripetizione in uno strumento di apprendimento utile, necessario e attraente, l’allenatore è chiamato a utilizzare alcune strategie psicologiche, sia per facilitare l’assimilazione del contenuto che per rendere il momento dell’allenamento altamente stimolante.

L’apprendimento è essenzialmente un fenomeno “neuroplastico”: attraverso un cospicuo numero di tentativi, cioè di prove ed errori. Nel cervello avvengono delle modificazioni funzionali, consistenti in un miglioramento della funzionalità sinaptica (migliore efficienza delle connessioni preesistenti) e strutturali, queste ultime rappresentate da un aumento del numero di dendriti (creazione di nuove connessioni).

È solo tramite l’esperienza, e non attraverso le pur necessarie spiegazioni verbali, che l’atleta può imparare a comprendere le intenzioni dei propri compagni e a riconoscere e ad anticipare quelle degli avversari.

Testi tratti da CONTIGO PSICOLOGIA  a cura del dott. Andrea Menozzi Psicologo dello Sport

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